Covid-19 e “La Tana” di Kafka
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In questo period di “ancora” COVID-19 (Gennaio 2021) ho riletto la Tana di Kafka. La bellezza del racconto è senza limiti. L’ho letto per la prima volta nell’adolescenza e l’oscillante pensiero della voce narrante (il tasso) conduce nei meandiri nello scavo sotterraneo, immeso e pieno di piazze e di gallerie. La voce narrante conduce nello stesso tempo nelle ramificazioni del suo pensiero, fatto di punti di visti, di opinioni, di contro opinioni, di suggerimenti, di ipotesi da validare e sconfermare, in un ragionamento complesso, apparentemente lucido e improvvisamente opaco.
Il testo l’ho riletto tenendo in mente alcuni comportamenti di amici e conoscenti, e di me stessa a volte, nei confronti del COVID-19. La casa come spazio sicuro versus lo spazio esterno insicuro dell’ambiente, dove i nemici terribli (il virus minuscolo) è sempre in agguato e pronto a colpire, annientare. La mancanza di fiducia nell’altro che, anche se innocente (come un bambino), che puo’ diventare un trasmettitore per lasciare aperta la porta al nemico di entrare e distruggere la tranquillità della tana. Lasciare la tana significa esporsi al pericolo, quindi degli accorgimenti devono essere presi sopratutto nelle fasi di confine, tra l’interno e l’esterno, tra l’entrata e l’uscita, dove non si puo’ abbassare la guardia: la mascherina e il gel diventano le armi da usare, in furbizia, da procurarsele prima degli altri, più efficaci, più forti, più resistenti, sempre disponibili per se stessi. Il valore dello spazio sicuro viene messo in questione con pulizie ricorrenti, con controlli periodici, per limitare, diventando temporaneamente sicuro e poi improvvisamente no.
L’affanno del tasso diventa quindi quello di controllare lo spazio e il pensiero, cosi come oggi siamo (a livello personale e collettivo) in preda a eccessi di controllo (come sui trasporti pubblici, nei supermercati, nei centri ospedalieri) e poi a momenti di euforia e rilascio collettivo, nascosti e colpevoli — come quando il tasso si ingozza delle provviste accuratamente accumulate con cura.
La tana è un racconto ipnotico, che colpisce per la lucida disperazione di una voce che nega il suo dolore. La tana mostra, come aveva già fatto l’autore italiano GIOVANNI VERGA nelle sue opere (come la ROBA), la vanità del controllo, dove ego e piacere trovano spazio di contestazione sullo stesso oggetto.
Che il virus penetri nella tana, che infetti lo spazio, che il tasso sia libero dalla sua ossessione, che veda realizzato, come in un’incubo lucido, il suo peggiore pensiero, attesto, analizzato, desiderato, controllato.
Che il virus non entri mai nella tana, lasciando il tasso al sicuro, a spiare l’ingresso della tana dall’interno e dall’esterno, per complimentarsi con se stesso delle sue capacità di managment del rischio.
Prospettive entrambe di fallimento: il presente è perso, la compassione negata, la crescita interiore atrofizzata.
La coscienza diventa deserto. La tana resta vuota.