I TRATTI DI PRESENZA

Nadia era appena uscita dalla mini-ibridazione. La mini-ibridazione era un sistema che permetteva di fermare le proprie attività fisiche e cerebrali per un periodo breve compreso tra due mesi e dieci anni. Un sistema di consulenza prendeva la gestione totale della vita della persona ibernata, tra cui il pagamento degli eventuali debiti, la gestione amministrativa che poteva incombere, gesti di affetto verso famigliari, partecipazione a matrimoni o funerali al nome della persona ibernata. Nadia aveva deciso di provare la ibernazione per soli due mesi. Stava vivendo un periodo di forte stress per nessuna ragione. Infatti niente la emozionava o la interessava. Tutto era così superficiale ai suoi occhi che l’adattamento alla vita cominciava a renderla nervosa. In un mondo basato sul lavoro e sulla produzione, sull’immagine di sé, sulla socialità costante dalla nascita fino alla morte, Nadia era arrivata ad un punto di rottura. Voleva prendersi una pausa. La mini-ibridazione veniva sponsorizzata come la soluzione ai problemi ricorrenti della vita: un cancro, un lutto, un dilemma o tanto altro, l’ibernazione era la soluzione migliore. Aspettare che la situazione passi e risvegliarsi nel tempo desiderato. La gente aveva cominciato a noleggiare il servizio per diverse ragioni e il caso di Nadia era il più ricorrente. La perdita del gusto di vivere.
Nadia si svegliò lentamente. Bevve dei succhi e si stese ancora un po’ nella navicella. Sperava che qualcosa fosse cambiato intorno a se stessa mentre era lì stesa. Aveva perduto due mesi di vita ma non gli interessava. Sarebbero stati due mesi inutili nel conteggio della sua vita. Cha fare adesso? Andare a parlare con la madre? Riprendere la comunicazione dei social? Riattivare il network? Nadia non sapeva ancora, non voleva pensarci. Forse avrebbe dovuto prendersi altri due mesi. Si stese ancora meglio nel letto e non si mosse, restando con gli occhi aperti a guardare il soffitto. Dopo poco venne un’infermiera:
- “Bene, vedo che vi siete svegliata”.
- “Si”;
- “Avete bevuto il succo che era qui sul tavolino?”
- “Si”.
- “Bene. Vi aiuterà nella riprese. E’ normale avere questa specie di Jet Lag dopo il risveglio”.
- “Ok”.
- “Volete telefonate a qualcuno?”
- “No”.
- “Volete alzarvi?”
- “No”.
- “Restate pure tutto il tempo di cui avete bisogno. Vi porterò un altro succo. Quando siete pronta, vestitevi con questa biancheria e potete venire nella stanza del risveglio”.
- “Ok”.
Nadia resto’ ancora un’ora a guardare il soffitto. Niente si era mosso intorno a lei. Sbircio’ il suo corpo per vedere in che stato era. Provo’ lentamente a muovere i muscoli e attivare le articolazioni. Poi passo’ la lingua sulla bocca per togliere la sensazione di secco delle labbra. In fondo era bene che riprendeva le funzioni del suo corpo. Con uno scatto’si alzo, poi prese la biancheria e si avviò all’ufficio.
- “Bene, vi aspettavamo”.
- “Ok, grazie”.
- “Allora come vi sentite?”
- “Bene, grazie. Avrei voluto che durasse ancora”.
- “Siamo a vostra disposizione quando volete”.
- “Grazie”.
- “Siamo soddisfatti che sia andato tutto bene. Avete trascorso due mesi nella totale serenità. Niente vi a disturbato nel sonno, vogliamo rassicurarvi”.
- “Va bene”.
- “Inoltre nella vostra vita non ci sono stati particolari eventi da segnalare. Vostra madre ha condotto due mesi di tranquillità. Nel vostro lavoro le attività si sono svolte come al solito. Il vostro salario sarà ripreso ad essere versato appena tornata al lavoro”.
- “Va bene.
- “Il vostro cane è stato adottato da una coppia. Se volete potete riprenderlo oppure sarà tenuto dalla coppia affidataria”.
- “Si, è meglio”.
- “Va bene”.
- “Una vostra amica si è suicidata”.
- “Chi?”
- “Una certa Cindy”.
- “Cindy? Non conosco nessuno Cindy”.
- “Il suo contatto era nel vostro network di terzo grado infatti”.
- “Ok, grazie della segnalazione”.
- “Mi sembra che sia tutto. Spegneremo il servizio assistenza appena uscirete dalla clinica. Sarete nuovamente in carico della vostra vita”.
- “La ringrazio”.
Nadia uscì dall’ufficio già depressa: niente nella sua vita era cambiato. Come era possibile? Era sparita due mesi e nel suo mondo tutto continuava in maniera così assurda? Avrebbe desiderato almeno un evento innovante. “Ah, la morte di Cindy. Controllerò dopo di chi si tratta”, si disse.
La sua ripresa fu rapida. Il giorno dopo era già a lavoro. La sua attività era quella di analizzare flussi di dati e decidere quali conservare e quali no. Un lavoro di responsabilità ma nello stesso tempo abbastanza semplice una volta compresi i criteri, che erano sempre gli stessi da alcuni anni.
Mentre era in ufficio si ricordò di Cindy. Accese il suo network onnicomprensivo che mostrava il suo mondo sociale in strati in rapporto al valore affettivo, di influenza, di stima, di odio o altri criteri a scelta. Provò alcuni criteri ma niente, il suo nome non appariva nei primi tre livelli. Poi scelse il criterio “spirituale” e Cindy apparve.
- “Ah, ecco”.
Cindy era una ragazza con cui aveva parlato di spiritualità una volta. Riprese il suo lavoro ma ogni tanto cercava di ripensare alla conversazione con Cindy. Cosa le aveva detto? Perché era restata nel suo network anche se ci aveva parlato solo una volta? Di solito il sistema aggiornava autamaticamente la rete sociale, eliminando gli non rientrava più nella sfera di interazione. Se Cindy era restata era per qualche ragione. Decise di esplorare con calma questa questione durante la serata.
Tornata a casa aveva mangiato il solito cibo preparato dal robot in cucina: delle verdure ri-idratate e ri-mineralizzate. I robot avevano la gestione del planning alimentari sulla base di parametri complessi. Inoltre pianificavano anche l’acquisto dei prodotti che venivano consegnato in casa. Nadia ringrazio’ il suo robot e si stese sull’amaca. Guardare il soffitto era la sua occupazione serale principale. Lì poteva far proiettare ricordi, immagini, suoni, video, film, uomini erotici per eccitarla. Le piaceva sentirsi come su una barca su di un fiume, con il paesaggio che scorreva intorno a lei.
Si ricordo’ nuovamente di Cindy. Al suo network chiese di mostrare tutte le informazioni su questa ragazza e se c’erano souvenir della conversazione avuta con lei. Il network restiti’ velocemente delle info:
- “Leggile”, disse Cindy socchiudendo gli occhi e stendendosi nell’amaca.
- “Cindy si è suicidata ieri, nel parco vicino alla sua casa. Lascia una bambina di dieci anni. Non prendeva anti-depressivi o medicamente nonostante le richieste del medico psichiatra sotto cui era in cura da anni. Cindy aveva vinto un concorso di competenze emotive quando era adolescente, fatto corsi di spiritualità, di yoga, di contatto con la natura. Aveva partecipato al festival sovversivo “La decostruzione”, dove era stata fermata dalla polizia per atti di violenza psicologica in pubblico….. “
- “Il festival!”, si disse Nadia aprendo gli occhi. “Ecco dove l’ho incontrata!”
Il festival della “la decostruzione”era un parte di un movimento politico che proponeva una lettura nuova sui sistemi della società. Era nato nella ribellione e nella clandestinità, poi era stato leggermente pubblicizzato sotto la complicità dello stato che voleva in questo modo renderlo accessibile per poterlo meglio controllare e distruggere. Il festival era stato il primo e ultimo episodio pubblico del movimento: i capi del movimento vennero fermati e alcuni sparirono misteriosamente. Cindy era stata fermata alcuni giorni e dopo rilasciata. Nadia aveva partecipato solo poche ore. Attendeva alla stazione comune dei trasporti quando vide la pubblicità nel locale di fronte. Era lì sulla porta di ingresso al Festival che aveva incontrato Cindy.
- “Leggi conversazione con Cindy, disse Nadia al sistema”
- “Bene. Eccolo ricoscruito.
- Vuoi entrare?, le disse Cindy?
- “No”, rispose Nadia.
- “É un festival di lettura, di decostruzione della parola”.
- “Cosa vuol dire?”
- “Propone una diversa lettura della società”.
- “Siamo già liberi. Viviamo nella massima libertà”.
- “Si siamo liberi di dire tutto quello che vogliamo. Ma quello che diciamo dipende dai valori, dai consumi, dalle possibilità di azione che abbiamo. Parliamo di pubblicità perché siamo immersi nella pubblicità. Se fossimo nella natura parleremmo di altro no? La nostra parola sarebbe altra”.
- “Di cosa parleremmo nella natura?”
- “Non so, di altro. Del nostro rapporto con la natura”.
- “Anche adesso possiamo parlare di natura”.
- “Si, ma è diverso. La parola dipende dalla nostra esperienza del mondo. Quello che diciamo influenza anche quello che pensiamo. Perchè non entri?”
- “Ok”.
- “Ti mostro il percorso che abbiamo costruito per proporre una riflessione crita sul tema della conversazione e del nostro rapporto con noi stessi e gli altri. Vogliamo mostrare come la comprensione e il dialogo con gli altri possono migliorare la costruzione di noi stessi, oppure impedirlo. L’esterno che va verso l’interno e poi l’interno che torna all’esterno, in un percorso in cui trasformiamo la comprensione della relatà attraverso il pensiero e il linguaggio”.
- “Ok”, rispose Nadia senza seguire il discorso.
Entrarono in una sala dove era proiettato in velocità dei video, delle parole, dei suoni che riceveva mediamente un bambino nei primi anni di vita.
- “È troppo veloce”, disse Nadia.
- “Si, appunto. Non ti sembra strano?”, rispose Cindy.
- “È troppo confuso”.
- “Si e non dovrebbe essere cosi. Ma è quello a cui esposiamo i nostri bambini. A messaggi veloci, corti, interrotti, frantumati, incosistenti, senza regolare, senza significato, pieni di immagini e di referenza continue verso niente, il vuoto, il privo di valore”.
- “È angosciante”.
- “Si. È immagini un bambino ad elaborare tutto cio’in continuazione?”.
- “I messaggi sono frammentari”
- “Si, brava. Tutto quello che riceve il bambino sono delle parole, degli slogan, delle immagini forti, veloci, di importanza, di potere, di bellezza. Un bambino non può filtrare tutto ciò. Non ha ancora le strutture mentali per farlo. La società dovrebbe aiutarlo a costruirle, non a renderle confuse. Vieni nell’altra stanza”.
Nella seconda stanza c’erano i messaggi medi che riceveva una adolescente nella sua vita.
- “C’è molto sesso. Molto lush. Troppo di oggetti di moda”, disse Nadia sbalordita.
- “Si”.
- “È tutto è ancora frammentato anche qui”.
- “Si, l’adolescente inizia a fare dell’ordine secondo delle categorie più astratte. Ma non ha spazio di espressione vera, di riflessione, di costruzione del pensiero. La conversazione media è ridotta a qualche minuto ormai. L’ascolto attivo è meno di un minuto. La conversazione tra due persone, come tra una figlia e un genitore, è sempre interrotto da notificazione di messaggi, parole della pubblicità, suoni, interruzioni varie che provengono dalle antenne interne ed esterne al cervello”.
- “Ma io sono riuscita sempre ad avere conversazioni”.
- “Si delle brevi conversazioni. Ma quante volte sei riuscita a discutere di qualcosa senza ricorrere alla tecnologia? Quante volte possiamo discutere senza essere interrotti? Tutto è veloce, piatto. Le emozioni sono esibite, non sentite”.
Cindy porto’ Nadia nella terza stanza. Mostrava come la conversazione tra gli esseri umani ormai era estremamente breve e l’interazione diffusa era dominante e onnipresente. La mostra continuava mostrando come era possibile non fare niente. C’era anche l’esperienza di disconnessione di tutto e di riflessione attiva, di immaginazione attiva, di conversazione. Alcuni erano nella stanza da soli a contemplare il loro corpi, degli oggetti, dei fiori, altri parlavano tra di loro e ridevano, alcuni piangevano e venivano consolati. Tutto senza essere ripreso, rinviato, trasmesso.
- “Vuoi provare?”
- “No”.
- “Perchè?”
- “Non mi va di essere disconnessa”.
- “Capisco, ma sai, puoi provare anche da sola a casa, o in giardino, in un parco. In qualsiasi momento puoi disconnetterti anche per brevi momenti, almeno per ricordarti chi sei, cosa pensi, per sentirti, per ricordarti di chi sei, come stai. Sono brevi attimi che accumulati possono fare la differenza in un’intera esistenza”.
- “Ora devo andare”.
- “Aspetta. Non hai visto l’ultima stanza”.
- “Non ho tempo”.
Nadia la prese per il braccio mentre Nadia aveva cominciato già a proiettarsi verso l’uscita:
- “Ti dico solo che l’ultima stanza è la sola cosa che importa: devi essere presente a te stessa, non agli altri. Devi godere della tua presenza con te stessa”.
- “Ok spegni proiezione”, chiese Nadia al suo claud online.
Nadia si mosse per fare un po’di vita sociale. Decise di incontrare un uomo. Ne aveva voglia.
- “Accendi notifiche, trovami un partner di mio gusto per la serata”.
- “Trovato”.
- “Grazie. Inviami trasporto”.
- “Arriva”.
Nadia si sistemo’e usci’.
I giorni dopo Cindy le tornava sempre in mente. Come era possibile mettere in discussione la società? I vantaggi del vivere in società erano troppi per poterci rinunciare. I gruppi rivoluzionari non le erano mai piaciuti. Non amava i tipi che si isolavano. Se si esce dalla società è difficile rientrare. Per questo le mini-ibridazioni continuavano ad alimentare la rete sociale in assenza della persona. Per curiosità fece una breve ricerca su internet e vide che il gruppo non esisteva più. Forse era tornato ad essere clandestino. E perchè Cindy si era suicidata? Non aveva anche una bambina? È dove viveva la bambina adesso?
- “A cosa pensi?”, le chiese una collega al lavoro.
- “Stavo pensando…”.
- “Chiamata in corso, scusami! Ci sentiamo dopo, ok?”
- “Si”, rispose Nadia.
Nadia guardò la collega allontanarsi. Provo’ a parlare con un altro collega. Voleva vedere quanti minuti durava la conversazione prima di essere interrotta.
- “Ti va di parlare?”
- “Parlare?”
- “Si di cosa hai fatto ieri”.
- “Ehm, si, certo. Senti ti va di uscire stasera? Non ci siamo mai visti la sera…”
- “Ci pensero’”.
- “Ok super”, disse il collega riattivando il suo casco virtuale che aveva tra le amno.
Nadia fece ancora qualche altro tentativo tra i colleghi. La media accumulata era di trenta secondi. “Non mi sorprendo, siamo al lavoro”, si disse.
Continuò il suo esperimento anche tra gli sconosciuti mentre tornava a casa. La conversazione si avviava velocemente verso la sessualità, oggetti da comprare, video da visionare, proposte da fare, in tutto meno di un minuto. “Interessante si disse”, facendo un piccolo sorriso tra sé e sé. “Magari Cindy ha ragione”.
Nel fine settimana passo’ a trovare la madre. Replicò l’esperimento con lei più volte durante la mattinata. Tutti gli scambi di conversazione erano interrotti dalle notifiche, dalle risposte automatiche, dagli annunci pubblicitari, dalla interazioni con i sistemi automatici in continuazione.
- “Vorrei parlarti mamma”.
- “Si certo dimmi”.
- “Ti andrebbe giusto di parlare?”
- “Si certo dimmi”, diceva la madre mentre interagiva online con le compagne della realtà virtuale.
- “Ma senza interruzioni”.
- “Ti ascolto”.
- “Senza casco e notifiche”.
- “Ok amore. Aspetta che metto pausa”.
- “Grazie”.
- “Di cosa vuoi parlarmi?”
- “Di me, di come sono cresciuta”.
- “Hai tutti i video della tua esistenza, amore”.
- “Ma voglio saperlo da te”.
La madre senza neanche accorgersene aveva avviato la proiezione dello sviluppo di Nadia.
- “Meravigliosa”.
- “Mamma ho detto senza proiezioni. La conversaione non è duranta neanche trenta secondi”.
La madre la guardo’ un po’ impaziente.
- “Scusami amore. Allora stavi dicendo?”
Uno slogan apparve sul mobile della cucina per proiettare le ultime novità in cucina. Gli elettrodomestici erano venduti ad un prezzo più basso se veniva attivato il servizio slogan regolare.
- “Ah aspettavo questo spot. Non è adorabile?”
- “Mamma”.
Nadia si alzo’. Ora cominciava a comprendere perchè era entrata in depressione: “Le parole frammentarie?”, si chiese.
Continuo’ il suo esperimento anche per le settimane successive. Incontrava più uomini la sera per provare a discutere. Con tutti la conversazione senza interruzioni non superava un minuto.
- “È se fossi depressa per questo?”
Decise di provare da uno psicologo. La prima cosa che fece lo psicologo fu quella di farle passare dei test, poi di proiettare insieme episodi della sua vita a tratti e prendere note. Era un sistema valido ed efficace. In questo modo lo psicologo poteva realmente comprendere da “dentro”la vita dell’altro.
Nadia non ne poteva più. La realtà la annoiava ancora. Il suo esperimento le era piaciuto. Ma non voleva essere una rivoluzionaria. “I rivoluzionari sono dei falliti. Forse come Cindy. Che alla fine vengono fermati o si suicidano. No, voglio vivere la mia vita al meglio. Lavoro’ di più per potermi permettere più comfort”, si diceva mentre passeggiava sul bordo del fiume artificiale. Ad un certo punto vide un gruppo di persone che erano seduti in cerchio, in silenzio, qualcuno con gli occhi chiusi e altri con gli occhi aperti al bordo del fiume, sul versante più isolato. Resto’ a guardarli per un po’.
- “Avvicinati”, le disse un uomo della sua età probabilmente.
- “Non so”.
- “Non siamo pericolosi. Non siamo rivoluzionari. La polizia ci controlla regolarmente ma non facciamo nulla. Non hanno nulla contro di noi. Non parliamo, non discutiamo. Non leggiamo, non condividiamo messaggi. Nulla di nulla. Siamo solo in cerchio per qualche tempo e poi ognuno va dove vuole”.
- “Ma che fate?”
- “Siamo solo in presenza attiva, senza notificazioni”.
- “In presenza?”
- “Siamo lì ad ascoltare il proprio corpo, gli altri, i suoni che arrivano. Ci sentiamo, spegniamo tutto, restiamo il tempo che vogliamo e torniamo alla nostra vita”.
- “E a che serve?”
- “A sentirsi meglio, a connetterci con noi”.
- “Siamo già connessi”.
- “Siamo connessi con gli altri, con le informazioni ma disconnessi con noi. Prova. Guarda c’è anche una piccola con il suo papà. Ha perduto la madre da poco”.
Nadia vide una piccola seduta sull’erba, con l’aria attenta e vivace mentre si guardava intorno e sembrava curiosa di tutto. Nadia si sedette accanto.
- “Ciao. Io sono Nadia. Cosa fai qui?”
- “Ciao, sono Yoko”.
- “Sei qui per fare cosa?”
- “Per essere con me”.
- “Ah. E ti piace?”
- “Si. Me l’ha insegnato mamma. Ma lei non c’è piu. Io le continuo a parlare nei miei pensieri. Parlavo tanto con la mia mamma.”
- “Deve essere bello parlarle”.
- “E mi piace parlare con te”.
- “Anche a me”.
- “Potremmo farlo più spesso, sai?”.
Nadia spense tutto quello che la connetteva con la realtà virtuale. Resto’ li in silenzio. Osservo’ un po gli altri e la piccola che sembrava immersa nei suoi pensieri, con il viso tranquillo e sereno. Poi inizio’ a parlare con se stessa, nella sua mente. Si raccontava quello che era successo prima dell’ibridazione, perchè era voluta andarci, cosa le aveva fatto del male e del bene. Si parlò tanto, si ascolto’, si senti accolta da se stessa. Le sembrava che era la prima volta che si parlava e si ascoltava. Le piacque. Poi resto’ in silenzio. Non aveva più niente da dirsi. Le piacque ugualmente. Aprì gli occhi. Il gruppo era sparito. Era restata sola già qualche tempo, sull’erba.
“Mi piace essere con me stessa”, si disse mentre si alzava e accendeva le notifiche.